Guardavo gli hamburger appena sfornati, leggermente bruciacchiati ai bordi, e non credevo alle mie orecchie.
Sei scaduta. Chiedo il divorzio, disse mio marito spingendo via il piatto. Suonava così banale, come se annunciasse lennesimo rincaro della benzina. Rimasi immobile, con la spatola di legno in mano. Il cactus sul davanzale puntava tristemente una spina storta verso lalto, come per confermare: È finita per te. Ho quarantasette anni, e con Fabrizio abbiamo passato ventanni insieme. Nostro figlio, Matteo, studia già da tempo in unaltra città, e il mutuo per il nostro bilocale è quasi saldato. E poi, allimprovviso, scaduta.
Tutto intorno a me sembrava congelato, come una vecchia foto in bianco e nero di un programma televisivo. Osservavo gli hamburger bruciati con malinconia, chiedendomi: Posso ancora salvare la parte carbonizzata o è già troppo tardi? È strano come la mente si aggrappi ai dettagli quando accade qualcosa di davvero spaventoso.
Routine, la corrosione dei sentimenti
Dalla primavera, un silenzio pesante aleggiava in casa. Fabrizio tornava tardi dal lavoro, e nei weekend si immergeva nei rapporti che il suo nuovo capo gli aveva assegnato. Io, invece, mi perdevo nella monotonia dellufficio: bilanci, pile di documenti da archiviare, e la sera, mi consolavo accarezzando la nostra gatta, Lilla. Le nostre conversazioni erano rare. Solo un secco Compra il latte, Carica la carta, Chi lava i piatti oggi? Una stanchezza appiccicosa aveva alzato un muro tra noi.
Matteo, nostro figlio diciannovenne, studia in unaltra città, vive in un dormitorio universitario, e ci vediamo poco. Ogni tanto chiama per chiedere soldi. Durante le vacanze estive era tornato a casa, e avevamo pensato di organizzare una grigliata in campagna, ma non se nera fatto nulla: o il tempo era brutto, o Fabrizio era troppo stanco. Avevo già capito che eravamo diventati più coinquilini che marito e moglie.
E ieri, ho sentito la sentenza finale: Sei scaduta.
Catalizzatore e conflitto crescente
Lombra del divorzio si allungava da tempo. Qualche settimana fa, il lavandino della cucina si era otturato, e avevo chiamato un idraulico. Allimprovviso, Fabrizio aveva detto: Sono cose da uomini, non centri. Perché laveva detto? Lui stesso non faceva mai nulla la sera. Eppure, mi aveva rimproverata per non aver aspettato: come se per lui contasse solo puntare il dito sulla mia incapacità.
Poi cera stato quellepisodio strano: la nostra vicina, zia Rosina, ci aveva gentilmente chiesto sulle scale: Fabrizio, Beatrice, festeggerete presto lanniversario di matrimonio? Io e mio marito ci eravamo scambiati unocchiata perplessa lanniversario era passato da un mese. Lo avevamo dimenticato entrambi. La vicina ci aveva guardato con compassione, come se avesse già capito tutto.
Ma non mi aspettavo tanta franchezza:
Un divorzio? Davvero?
Davvero, disse mio marito senza guardarmi negli occhi. Sono stanco. Dura da troppo tempo.
Tentativo di capire e adattarsi
Passai la notte sul vecchio divano, quello dove di solito guardavo le serie tv. Lilla, sentendo il mio stato, si mise a fare le fusa ai miei piedi. Non sentii quasi Fabrizio si era chiuso in camera. Al mattino, quasi automaticamente, preparai il caffè e, fissando il vaso inclinato con il cactus, pensai: Neanche lui ce la farà. È lì in un angolo, senza fiorire da anni. Una volta lha fatto, ma solo una.
Volevo parlare chiaramente con mio marito, ma non ne avevo la forza. Andai al lavoro, cercando di mantenere le apparenze. In ufficio, pile di documenti, colleghi distratti che giocavano a Sudoku durante la pausa pranzo E io che non riuscivo a concentrarmi. Un pensiero mi martellava: Sono come una scatola scaduta?
Chiamai Matteo solo più tardi:
Matteo, ecco tuo padre ha deciso di chiedere il divorzio.
Dopo un silenzio, rispose:
Mamma, lo sentivo da un po che cera qualcosa che non andava. Se diventa troppo pesante, ci sono, la sua voce era calma, quasi dispiaciuta. Non farti umiliare, ok?
Sentii la sua preoccupazione. Da un lato, è cresciuto, ma dallaltro, ha solo una famiglia e, allimprovviso, tutto crolla.
Lintervento della suocera
La suocera mi chiamò il giorno dopo. Di solito chiede notizie dei piccioni sul balcone, ma quella volta andò dritta al punto:
Si parla di divorzio? Fabrizio me ne ha accennato. Come si fa a lasciare la famiglia a quelletà?!
Non sapendo cosa rispondere, balbettai:
Non sono io a volerlo.
Allora non hai visto, non ti sei presa cura di lui. Non siete più ragazzi, Beatrice. Fabrizio compirà quarantotto anni! Dovevi badare alla sua serenità, ma eri troppo presa dal lavoro, dai tuoi rapporti.
Stavo per esplodere: quindi ero io la colpevole di tutto, non abbastanza femminile. Ma mi trattenni: a che serve litigare con lei? Vive in un paesino, passa le giornate nellorto con la sorella e i nipotini della nipote. Della nostra relazione sa solo quello che le raccontano al telefono. Ma è sempre convinta che sia colpa della nuora.
Conversazione in cucina
Sabato, finalmente, parlammo da adulti. Uscì dal bagno, mal rasato e imbronciato, e si sedette di fronte a me in cucina. Sul muro, un vecchio orologio a cucù ereditato da mia nonna il cucù era rotto da anni, muto da cinque. Simbolicamente, sembrava che il tempo si fosse fermato anche per la nostra famiglia.
Non cambierò idea, disse mio marito piano, spingendo via la tazza di tè. Sono stanco, Beatrice. Non è più una questione di sentimenti. Questo appartamento non vale la pena di tenerci uniti. Puoi continuare a vivere qui. Non chiedo una vendita immediata. Ma vorrei la metà del suo valore. Troverò qualcosaltro per me, magari affitterò, e poi vedrò.
Guardavo il tavolo scrostato, la tovaglia di vinile sbiadita a quadri, e ascoltavo quel monologo quasi aziendale. Come se due soci discutessero di un bilancio. Ma abbiamo ventanni alle spalle. La tristezza mi avvolse fino alle lacrime, anche se mi vergognavo a piangere davanti a lui.
Capisco, risposi, cercando di non tradire la voce. Beh, se è il divorzio, allora sia.
Rimammo in silenzio. Sentivo uno strano sollievo, come se mi avessero tolto uno zaino pesante. Sì, fa paura restare sola a quasi cinquantanni, ma è ancora più spaventoso vivere in un rapporto dove nessuno ha più bisogno dellaltro.
Ritorno da mia madre
Il giorno dopo, corsi da mia madre. Vive in un vecchio palazzo con ascensori cigolanti, che mi hanno sempre messa a disagio. Aprì la porta, vedendomi con gli occhi rossi. Mi abbracciò subito e mi portò in cucina. Tutto era familiare: larmadio scuro pieno










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